Muriel Escalle
Il potere della suggestione caratterizza le opere di Marina Pescatori che rivela una grande sensibilità attraverso la forza delle sue sculture.
Si avvicina al naturalismo, cioè al vero ; dei suoi modelli fissa il gesto imprevisto, l'espressione fugace che interpreta in uno slancio. Marina Pescatori lavora sulle sensazioni emotive del momento.
Questa spontaneità dà forza e movimento ai corpi nudi, ai visi pudicamente girati, che esprimono una sensualità eloquente, semplice e discreta.
Le sue capacità di ritrattista, dall'acquerello al sanguigno, traspaiono nelle sue opere in terracotta , la tecnica creativa che meglio rende la sua sensibilità .
L'espressione emozionante dei visi ne riflette la vita interiore e attrae.
Marina Pescatori possiede il talento dell'artista sincero che attraverso un'opera d'arte dà all'osservatore ciò che cerca, l'emozione dell'estetica e il potere di liberare la propria immaginazione.
Muriel Escalle
Aix en Provence, febbraio 2003
Giornalista "Maisons & Décors Méditerranée"
Paolo Rizzi
Siamo persin troppo circondati, anche nella produzione artistica, da prodotti sintetici, tipo plastiche e nailon. Si sta diffondendo una sorta di nausea e anche di rigetto. Perché non tornare alla familiarità , ad esempio, del legno? Perché non riprendere a scolpire nel nobile marmo o nel non meno nobile bronzo o magari nell'eterna argilla? Oltretutto i materiali "antichi" - ben lo sa Marina Pescatori - non soffrono del degrado del tempo. "Aere perennius", dicevano paradossalmente gli antichi Romani.
Ecco ora questi ritratti in terracotta e in bronzo, queste figure, questi nudini dell'artista italo-francese. Restiamo subito sorpresi e ammirati. Anzitutto la sorpresa va al fatto che ella abbia il coraggio di cimentarsi con una produzione che risale indietro nei secoli, anzi nei millenni. Molti altri scultori d'oggi (ma certo, anche famosi) temono questo confronto. A maggior ragione dovrebbe temerlo la Pescatori essendo vicina alla recente tradizione dei maestri italiani del secolo scorso come Arturo Martini, Manzù, Marini, Messina. Essi avevano ripreso l'antica tecnica, classica e rinascimentale, del bronzetto, portandola ad un grado altissimo di modernità .
Quale spazio c'era e c'è per continuare questo prestigioso approccio? Lo spazio c'è. Lo sta dimostrando appunto Marina Pescatori . Esso risiede nel non adattarsi alla "maniera", cioè nel non riprendere pedissequamente modalità già storicamente acquisite; bensì nel proporsi con spirito puro, e con animo nuovo, di fronte al soggetto. Ecco perché la nostra scultrice è partita dal ritratto: che scarta le convenzioni formalistiche per puntare (e come non potrebbe essere?) alla "verità " del modello. La stessa grande ritrattistica romana di età repubblicana è partita da là . L'artista guarda negli occhi la figura che deve ritrarre; e in essa si immedesima, cioè finisce per modulare, interpretandole, le sue connotazioni fisionomiche, le modalità organiche della corporatura. Non solo: ma deve - necessariamente deve - entrare nella psicologia del ritrattato, trasponendo i tratti dell'anima ai tratti del corpo.
Difficile? Certo: molto difficile. Ma il rischio è il passaggio obbligato della cultura del terzo millennio. C'è il pericolo, come si diceva, di cadere nel manierismo, cioè di farsi condizionare da modelli esterni; e c'è l'altro pericolo di non "tenere" sul piano della tecnica esecutiva di fronte ai Grandi del passato. Ma c'è anche un terzo pericolo: e sta nell'esasperare - come molti oggi fanno - l'espressività , fino a scivolare nella banalità della "sigla" ad ogni costo. Marina Pescatori sta lottando per acquisire una sua personalità restando sui binari di una "verità biologica".
Le sue terrecotte e, più recentemente, i suoi bronzi sono classici e nel contempo moderni; seguono i dettami dell'antica armonia e sono vivi, pieni di espressività ; obbediscono alla leggi fisiologiche del corpo umano e ne fanno risaltare l'eleganza e la congruenza organica; richiamano (ma certo!) gli "exempla" più famosi del passato ma escono da ogni sudditanza. In una sola parola: si misurano con lo "stile".
Diceva proprio un francese, Buffon: "Lo stile è l'uomo". Ecco il punto cruciale di tutto il discorso che fa Marina Pescatori : fare un'arte che sia personale e, insieme, universale. Guardiamo i suoi nudini, i suoi ritratti: c'è in essi l'universalità di una Bellezza armonica che si rispecchia nella perfezione degli arti, degli snodi, delle giunture, dei piani morbidi, delle curve sinuose. Il corpo umano platonicamente riflette l'idea stessa di una Bellezza divina. A questo concetto si unisce quello della rispondenza, pur sottile, appena percepibile, sempre discreta, alle qualità psicofisiche dell'artista. Basta un tocco, una semplice colpeggiatura, una modalità magari "minore" nella conformazione d'un piede, d'un naso, d'una spalla; ed ecco che la "firma" dell'artista si riconosce. Allora il volto d'una bambina o il corpo d'una modella "rinascono", acquistando una nuova vita nella vita stessa dell'artista.
E come un miracolo. Ma l'arte è fatta cosi: spesso è pudica, non esibisce se stessa, rifiuta di gridare, si fa sottile velo lirico.
Proviamo non solo a vedere, bensì anche appena ad accarezzare questi bronzetti e queste terrecotte patinate. Il polpastrello diventa la misura quasi del sangue che scorre idealmente sotto le forme. Non diversamente lavoravano grandi artisti del passato, come lo stesso Canova, come Carpeaux, come Maillol. Occorre sensibilità per capire i limiti che l'artista medesimo s'è posto. Questi limiti sono anche il segno di una aristocrazia dello spirito che sfida le volgarità e le banalità di cui è pieno il nostro tempo.
Paolo Rizzi
Febbraio 2000
Critico d'Arte del "Gazzettino di Venezia"